FRANCESCO ZAVATTARO ARDIZZI
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A proposito di scultura

Aforismi, articoli e curiosità

Ipse dixit

3/20/2018

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“L’arte, uno dei luoghi principali dell’originaria esperienza del mondo”

Cit. Giulio Argan in “Manzù - Marino. Gli ultimi moderni”, pg.23 (Barbara Cinelli)

#giacomomanzù #marinomarini #scultura
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Si fa presto a dire "bronzo"...

3/11/2018

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Fonderia Artistica Mapelli (Milano). La preparazione della cera nel calco in gomma siliconica.
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Fonderia Artistica Mapelli (Milano). Il forno pronto ad accogliere gli stampi in terra refrattaria.
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Fonderia Artistica Mapelli (Milano). I crogiuoli per la fusione del bronzo.
Come si realizza una scultura in bronzo?

Incredibilmente, la tecnica odierna è molto simile a quella impiegata in Grecia nel settimo secolo AC, da quando in sostanza è stata codificata la fusione della statua cava (prima di allora si fonderanno solo statue piene, di limitate dimensioni).
Naturalmente l'impiego della saldatura in epoca moderna ha consentito di raggiungere dimensioni un tempo inimmaginabili, ed ha anche facilitato molto il lavoro (fino al XIX secolo era necessario fondere in pezzi unici le opere, o mascherare le giunzioni al meglio).
Il recente avvento delle gomme siliconiche ha ulteriormente semplificato la realizzazione dei calchi, ma il procedimento è in sostanza immutato.
Le fasi sono articolate, perché il bronzo va colato in una forma (negativo), che deve essere ricavata su entrambi i lati della superficie del modello (altrimenti la scultura non verrebbe cava, ma piena). Occorrerà quindi realizzare una serie di calchi e contro-calchi (negativi e positivi), con un procedimento che dura tre o quattro settimane.

Schematicamente, per una scultura di piccolo e medio formato, partendo dal modellato in creta o plastilina fornito dall'artista:

1. viene realizzato un calco del modellato dell'artista (1° negativo);
2. viene realizzato il "modello in gesso" (1° positivo), utile ad evitare di lavorare sul modellato in creta o plastilina (duttile);
3. viene realizzato un calco in gomma siliconica sul modello (2° negativo);
4. viene realizzato un positivo in cera dello spessore di circa mezzo centimetro (2° positivo);
5. il positivo in cera viene riempito di terra refrattaria, e rivestito esternamente di terra refrattaria; cotta, prenderà la funzione di calco per la colata (3° negativo);
6. Nello stampo viene colato il bronzo, e si ricava la scultura finale (3° positivo);
7. Ripulita, cesellata e patinata, la scultura in bronzo è pronta.

Il procedimento è assai complesso, specialmente nel caso di sculture di grandi dimensioni. Il costo di un'opera in bronzo è elevato non solo a causa del costo del materiale da impiegare (il bronzo artistico è una lega di rame, stagno, zinco, manganese), ma soprattutto per la complessa lavorazione che richiede.

Avendo presente tutto il lavoro che c'è dietro, si può ben capire quanto sia importante l'abilità del Mastro Fonditore nella produzione di una scultura in bronzo.
A poco servirebbe il talento dello scultore, se poi il Mastro Fonditore non fosse in grado di tradurre in bronzo l'opera d'arte.
Ed infatti solitamente sulle opere in bronzo si trovano sia la firma dello scultore che il marchio della fonderia, a pieno titolo.

In Italia abbiamo una tradizione unica nell'arte della fusione a cera persa, un vero patrimonio culturale ed umano. Sono numerose le fonderie di primissimo piano, che con il loro lavoro hanno contribuito all'affermazione di importanti artisti.

Per approfondimenti sulla tecnica, rimando al sito della Fonderia Artistica Mapelli (Milano).
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Per un pelo, tutto da capo...

3/3/2018

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Gian Lorenzo Bernini | Scipione Borghese, 1632. Prima versione.
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Dettaglio della crepa sulla fronte
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Dettaglio del tassello inserito da Bernini sul retro della berretta.
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Dettaglio del sesto bottone della mozzetta (prima versione)
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Scipione Borghese, seconda versione.
Una crepa sulla fronte. Passante, marcata e vistosa, Persino il soggetto ritratto sembra stupito dalla fessura comparsa così impunemente sulla sua fronte.

Bernini aveva ricevuto nel 1632 l'incarico di ritrarre in un busto il cardinale Scipione Borghese, già suo committente per il David, il Ratto di Proserpina ed Apollo e Dafne. Forse il suo committente più importante.
Possiamo solo immaginare lo stato d'animo del Bernini, ai tempi già affermato scultore di trentaquattro anni, alla comparsa della crepa sulla fronte del capolavoro, ormai ultimato e pronto per essere consegnato.
Eppure Bernini doveva essersi reso conto già da tempo della presenza di una insidiosa venatura nel blocco di marmo, visto che aveva provveduto ad infilarvi in posizione defilata due perni metallici, mascherati da dei tasselli di marmo. Evidentemente Bernini, che non era un perfezionista, aveva ritenuto di poter risolvere il problema del "pelo" presente nel blocco di marmo con i due perni.
Ed infatti il ritratto di Scipione Borghese è perfettamente rifinito, sia come dettagli (eccezionale il sesto bottone della mozzetta infilato solo per metà nell'asola), che per finitura delle superfici (lucide ed opache a seconda degli effetti desiderati).

Eppure, nonostante i due perni metallici, la crepa era comunque avanzata, fino a giungere sulla fronte del cardinale.
Fessure del genere non sono nuove a chi lavora il marmo. In gergo sono detti "peli di cava". Essenzialmente sono delle faglie di transizione della materia, più o meno evidenti anche per colorazione, in cui si concentrano stati tensionali, e quindi più propense ad evolvere in vere e proprie crepe man mano che lavorando si rimuove parte del marmo dal blocco. Anche a lavoro ultimato i cicli termici  caldo/freddo possono far evolvere i "peli" in vere e proprie crepe.

E' noto come Michelangelo passasse intere settimane nelle cave per scegliere personalmente i blocchi di cava da scolpire. Bernini invece era meno scrupoloso, forse anche un po' presuntuoso. Era consapevole delle proprie incredibili capacità tecniche ed artistiche, e riteneva di poter ricavare capolavori anche da blocchi di marmo di seconda scelta (fatto non secondario, più economici).
Però la crepa sulla fronte del cardinale doveva esser parsa anche a lui  un po' troppo difficile da far accettare al proprio mecenate.

Si narra che Bernini ordinò in gran segreto un secondo blocco di marmo (invero non molto migliore del precedente), e che scolpì ex-novo il ritratto in sole quindici notti.
La seconda versione del ritratto è pressoché identica alla prima.
Del resto, se per eseguire la prima versione possiamo supporre che Bernini abbia fatto posare il soggetto ritratto, per la seconda, fatta in segreto, Bernini avrà impiegato verosimilmente come modello il ritratto della prima versione.
Tuttavia, ad uno sguardo molto attento si possono rilevare segni di strumenti impiegati per velocizzare il lavoro di finitura (come l'impiego di abrasivi sull'incarnato del volto, al posto della raspa), ed una minor cura nei dettagli (gli occhi in particolar modo sono un po' meno espressivi). Del resto, rifare da capo un capolavoro ormai finito nei minimi dettagli non sarà stato né piacevole né stimolante.

Gli storici narrano che Scipione Borghese si adirò molto con Bernini per l'incidente. Però poi di fatto tenne anche la prima versione del busto. Entrambi sono ancor oggi ammirabili in Galleria Borghese, a Roma.

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